Abbassare il tasso d’odio mondiale. Ecco il vero obiettivo di Biden
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11 Novembre 2020
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Di Mario Giro su Domani
Cosa farà Biden come primi atti di governo? L’ha già detto: la task force contro il Coronavirus secondo una scelta pro-scienza che finora non è stata adottata. Tutto il potere ai virologi, dunque. Poi fine dell’isolazionismo e ritorno al multilateralismo. In questo sarà molto più vicino agli europei rispetto a Obama, anche se rimarrà riluttante ad essere coinvolto nelle crisi.
Trump non ha fatto nuove guerre e ha diminuito l’esposizione militare dell’America: i democratici di Biden sapranno fare altrettanto? Ricucire con gli alleati e rifare coalizione con gli amici degli Stati Uniti significa rivedere la posizione su molte crisi. Al Dipartimento di Stato (si parla di Susan Rice) ci sarà da fare una complessiva review anche se Biden è un esperto e non ha gran bisogno che gli si spieghi le situazioni. Vorrà mostrare la sua capacità di spegnere fuochi di guerra e diminuire le tensioni e i primi banchi di prova saranno dunque la Turchia e il Mediterraneo, la crisi in Nagorno Karabakh, la Libia.
L’ONU sarà favorita dalla presidenza Biden: sia l’uscita dagli accordi di Parigi sul clima che quella dall’OMS (organizzazione mondiale della sanità) saranno riviste. Più complicata la ripresa delle trattative con l’Iran: il presidente non potrà accontentarsi di tornare alla situazione quo ante e dovrà ottenere da Teheran qualcosa di più.
Probabilmente anche le relazioni con l’Arabia saudita – rinvigorite da Trump – saranno riesaminate, in particolare a riguardo della guerra nello Yemen su cui Biden si è sempre mostrato contrario. Nessun cambiamento invece sugli Accordi di Abramo: Joe Biden è da sempre un amico di Israele e un fautore della sua sicurezza.
Il neo presidente resterà duro con la Russia. Da vice definì Putin un “avversario” e si è sempre pronunciato contro le interferenze russe nei processi elettorali occidentali. Accusa la Russia di portare avanti una “guerra segreta” contro gli Usa, finanziando gruppi e movimenti che uccidono soldati americani, come i Talebani.
Probabile che l’accordo con questi ultimi, voluto inizialmente da Obama e perseguito da Trump, non trovi la totale adesione del neo presidente. In ogni caso con Mosca i rapporti saranno difficili e ciò deve preoccupare gli amici di Putin in Europa. Allo stesso modo rimarrà fredda la relazione con la Cina: continuerà la guerra commerciale.
La vera differenza sarà che Biden non andrà avanti da solo ma cercherà l’appoggio dei suoi alleati. Ciò diverrà un problema per gli alleati stessi (in particolare per l’Italia): mentre a Trump non interessava troppo, Biden chiederà contro Mosca e Pechino prove di lealtà chiare e definitive e non ammetterà giochetti.
Dal punto di vista interno ha molto fa fare. Ha promesso di spendere "tutto il necessario" per alleggerire l’economia dalle conseguenze del coronavirus: prestiti alle PMI e sussidi alle famiglie. Il piano proposto in campagna elettorale mira ad aiutare giovani e operai, puntando all'aumento del salario minimo federale (a $ 15 l'ora), una misura che piace alla squad.
Progetta anche investimenti per 2000 miliardi di dollari in energia verde. Sarà molto più prudente che in passato sugli accordi di libero scambio (Nafta con l’America Latina o TPP con l’Asia) che aveva sostenuto. In questo si giova di un duplice assenso: il concetto stesso di libero scambio non piace né ai trumpiani né alla squad. Anche su questo ci sarà diversificazione con i liberali europei.
Molto schierato con il movimento Black Lives Matter, Biden prenderà disposizioni contro ogni forma di razzismo anche – come ha detto – con programmi socio-economici. Punterà alla riduzione delle incarcerazioni (che riguardano soprattutto i neri) e proporrà un programma di sovvenzioni per incentivare il sistema delle pene alternative.
È favorevole all’abolizione della pena di morte. Rimane invece contrario alla diminuzione dei fondi per la polizia (il defunding), una delle richieste faro del BLM, proponendo in alternativa un programma di polizia di prossimità.
Sulla sanità la sua promessa di abbassare l’età per poter accedere a Medicare (la sanità gratuita, ora riservata agli anziani) e la creazione di una opzione assicurativa pubblica abbastanza forte da poter competere con quelle private, rappresenta la sua via di mezzo tra il ritorno alla totale privatizzazione chiesta dai repubblicani e il “Medicare per tutti” voluto dalla sinistra democratica.
Il terreno della sanità è davvero scivoloso perché l’Obamacare ha lasciato strascichi e ferite profonde sia a Washington che nel corpo elettorale della nazione. Molti leader democratici non vogliono mettersi in un’altra battaglia sulla sanità mentre la squad vorrebbe invece riprenderla.
Si tratta di un tema che in Europa non si può comprendere: la sanità gratuita per gli europei è talmente normale, se non come realtà almeno come concetto, da non riuscire a capire perché in America invece accenda così tante passioni come si trattasse di un valore non negoziabile. In realtà lo è di rimbalzo: assumere l’idea che lo Stato federale possa intromettersi nella sanità è già una specie di tabù.
Giungere poi all’idea che il sistema pubblico debba supplire per tutti e farsi carico di tutti indistintamente, significa negare le basi stesse del contratto civile americano che resta radicato nell’individualismo liberale, se non libertario. Per interi settori socio-politici americani, mai e poi mai deve essere permesso al pubblico di sostituirsi al privato, all’iniziativa personale di ciascuno (e quindi alla sua responsabilità) o alle scelte individuali.
Il tema della casa è un’altra questione politicamente sensibile che Biden si troverà a dover affrontare. Ha già dichiarato di voler tornare alla regolamentazione del tempo di Obama: cioè chiedere ai governi statali di adottare misure attive per porre fine alla segregazione abitativa, minacciando il taglio dei fondi federali.
Tale politica – che Donald Trump definiva "l’abolizione delle periferie" – dipende anche dalle corti di giustizia locali che spesso vengono chiamate a dirimere tra legislazione federale e statale. Le affirmative action (azioni normative a supporto delle minoranze) sull'alloggio (una specie di equo canone) sono state abolite e molti vogliono ripristinarle. Anche qui c’è da attendersi a lunghe battaglie legali.
Sul tema immobiliare la parte più delicata rimane comunque quella relativa alla gestione Fanny Mae e Freddy Mac, le due società pubbliche che sostengono circa la metà dei mutui residenziali negli Stati Uniti.
Dopo gli effetti devastanti della crisi dei subprime del 2007-2008, si tratta di un problema che sta molto a cuore ai democratici ma che i repubblicani vedono come una provocazione. Anche in questo caso l’intervento pubblico è al centro della controversia.
Kamala Harris potrà essere utile al presidente eletto: da procuratrice generale dello Stato, nel 2012 sfruttò il peso della California per ottenere condizioni di favore per i mutui contro le banche ma soprattutto intentò molte cause di frode sui mutui da parte delle stesse, accusate di pignoramento illegale. Tale tipo di truffa divenne uno scandalo nazionale negli anni della crisi finanziaria, un motivo di collera popolare che favorì le elezioni di deputati molto di sinistra.
E’ probabile che il rovesciamento più completo rispetto all'amministrazione Trump sarà sulle migrazioni. Biden porrà fine alla costruzione del muro e attenuerà le politiche restrittive. In particolare riattiverà il famoso programma dei Dreamers, che permette ai figli degli immigrati clandestini o ai minori non accompagnati di rimanere negli Usa e di essere presi in carico. Va detto che tale programma era stato in parte limitato dallo stesso Obama.
Per diminuire le spese dell’istruzione e le tasse universitarie, un’altra importante promessa elettorale, Biden dovrà ottenere una larga maggioranza al congresso. L’idea è di eliminare le tasse scolastiche per gli studenti delle famiglie che guadagnano meno di 125.000 dollari annui, e di ripristinare le agevolazioni di Obama (anch’esse contrastate in giudizio) poi soppresse da Trump. Biden ha anche detto che aumenterà le tasse per i più ricchi: un’idea difficile da realizzare in un paese così diviso salvo revocare parti del Tax Cuts di Trump sulla diminuzione delle aliquote di singoli e società.
Come si vede molte questioni politiche negli Usa diventano tema di controversia nei tribunali, ad ogni livello. Ciò che per altri paesi sembra un cosa anormale, negli Usa rappresenta l’assoluta normalità. Ogni soggetto che si senta leso nei propri diritti costituzionali, ha il diritto di rivolgersi alla giustizia, soprattutto se si tratta di intervento pubblico in economia, nella società o – peggio ancora – negli affari familiari o personali ecc.
È in gioco la natura stessa degli Stati Uniti: un paese in cui lo Stato e le istituzioni non calano dall’alto ma rappresentano una decisione pragmatica dei cittadini. Sono questi ultimi alla base di tutta la costruzione istituzionale: cioè decidono di quanto stato e di quanto spessore istituzionale hanno bisogno. L’idea di fondo è: il meno possibile. Ovviamente andare per tribunali costa e quindi una prassi che sembra poter favorire tutti, alla fine favorisce solo chi ha i mezzi per permettersi lunghe diatribe giudiziarie contro il pubblico.
Da vecchio esperto della politica washingtoniana, Biden lo sa e su tutte queste tematiche farà in modo di portare le ali polarizzate della politica americana a rendersi pragmaticamente conto che è sempre molto più ragionevole e conveniente accordarsi. Se ci riuscirà, il tasso d’odio che caratterizza oggi gli Stati Uniti si abbasserà e con esso anche quello globale. Sarebbe un grosso successo: migliorare il clima mondiale.