Taranto | Cittadella della Carità, l’Amarcord di Liviano: «Non offendiamo il sogno dei nostri padri»

COMUNICATI STAMPA, DAI TERRITORI

21 Marzo 2024

Taranto | Cittadella della Carità, l’Amarcord di Liviano: «Non offendiamo il sogno dei nostri padri»

Le parole del Consigliere comunale tarantino

«Io me lo ricordo bene quando mio padre, orgoglioso, ci raccontava che aveva offerto qualche ora del suo lavoro per dare un contributo al Sogno di Mons. Motolese. E mio padre lo diceva orgoglioso e fiero, contento perché pensava che quel sogno, il sogno di Mons. Motolese, fosse un sogno giusto, un sogno bello, un sogno che meritava di essere condiviso».

Così il Consigliere comunale Gianni Liviano sul caso della Cittadella della Carità di Taranto.

«Io mi ricordo - prosegue - quando i ragazzini delle scuole, per realizzare quel sogno, offrivano i loro salvadanai, dopo aver rinunciato ad acquistare forse qualche busta di figurine di calciatori della Panini, qualche giornaletto, o il panino con il prosciutto che vendeva la salumeria che stava di rimpetto alla scuola.

Monsignor Motolese era autorevole e credibile e per questo il Suo sogno, il sogno di una Cittadella che accogliesse i poveri, gli ultimi, gli ammalati, diventò il sogno dell’intera città: dei sindacati e della Politica, non importa se di sinistra, o di destra o di centro,   dei commercianti, degli operai, degli impiegati.

E quando la Cittadella fu inaugurata festeggiarono tutti. E ogni giorno un numero elevato di volontari, da ogni parrocchia, si recava alla Cittadella, per tenere compagnia ai poveri, alle persone sole. Io mi ricordo di Suor Delia, che coordinava il servizio ai poveri e si impegnava perché ad ogni persona fosse salvaguardata la dignità. Io mi ricordo quando, qualche anno dopo, in Cittadella arrivò il Papa, San Giovanni Paolo Secondo,  quando atterrò con l’elicottero in Cittadella.  Nel frattempo l’arcivescovo era diventato Monsignor De Giorgi, ma gli onori di casa in Cittadella li fece, come era giusto, Mons. Motolese.

Ne è passato di tempo e la città è cambiata e non sono certo che sia cambiata in meglio. Sicuramente la Cittadella è cambiata in peggio. E negli anni è stato tradito il sogno di Mons. Motolese,  che poi era il sogno di una città. La gestione è stata per anni fallimentare e il controllo  forse un po’ distratto. La vicinanza della città si è ridotta e ora ci sono tanti dipendenti che rischiano di perdere il lavoro, molti pazienti che devono essere trasferiti e la città che sta perdendo una struttura sociale, prima ancora che sanitaria, nell’indifferenza generale.

Non vada persa una struttura così importante, non vada offeso il sogno che la città dei nostri padri ha condiviso».

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici nostri e di terze parti. Se vuoi saperne di più o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca su Informativa sulla tutela dei dati personali. Cliccando in un punto qualsiasi dello schermo, effettuando un’azione di scroll o chiudendo questo banner, invece, presti il consenso all’uso di tutti i cookie. Informativa sulla tutela dei dati personali.