Fuggono i libici. Come volevasi dimostrare
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31 Dicembre 2019
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di Mario Giro su HuffingtonPost
A Pozzallo la notte di Natale sono sbarcati 32 libici, tutti appartenenti alla classe media, laureati, istruiti e senza segni di torture. Come volevasi dimostrare, si tratta dell’avanguardia di ciò che sta per accadere e che chi scrive denuncia da anni. Presto ad arrivare sulle nostre coste non saranno più poveri “avventurieri” africani o asiatici alla ricerca di una porta d’entrata in Europa. Saranno i libici stessi a lasciare il loro Paese in preda della guerra. Non ci sarà nessuno a trattenerli. Che potremo fare noi?
L’aver lasciato marcire il conflitto libico a causa della nostra ossessione migratoria, ci ha fatto perdere di vista la cosa più importante: più la guerra avanza e più la Libia assomiglia alla Siria (dalla quale, ricordiamolo, sono fuggite 10 milioni di persone…). Dovevamo fare politica e operare per ricreare uno Stato in Libia. Ci siamo accontentati di trattare con ambigue milizie, troppo deboli per essere utili a qualcosa ma abbastanza mafiose per promettere mari e monti.
La Libia sta assomigliando sempre di più alla Siria: da un conflitto di bassa intensità limitato alla frizione tra gruppi d’interesse armati e contrapposti, a una guerra aperta, con armi pesanti, combattuta da miliziani di varie nazionalità, importati da padrini coinvolti. Haftar è alleato all’Egitto, ai Paesi del Golfo e alla Russia. Con lui ormai combattono essenzialmente somali, sudanesi e mercenari provenienti da altri jihad o contro-jihad; con Serraj stanno arrivando i ribelli siriani filo-turchi. Sull’altro fronte la stessa Russia ha inviato i contractors della Wagner, dalle molte nazionalità e comunque soldati privati.
La guerra in Siria si è “privatizzata” da tempo e i siriani stessi ne hanno perso abbondantemente il controllo, incluso lo stesso Assad che si regge su una coalizione dove ci sono anche afghani, pakistani, iraniani, libanesi ed ex combattenti di altri scenari di guerra. Lo stesso può accadere ai libici: perdere il controllo della propria terra in favore di estranei interessati alle sue risorse. Il jihad globale ha permesso di internazionalizzare il conflitto in Medio Oriente e di espanderlo verso il Mediterraneo e l’Africa sub-sahariana, con un intreccio tra lotta sunniti vs sciiti e sunniti tra di loro.
Non è chiaro chi ne uscirà vincitore anche perché Russia e Turchia, pur se su fronti contrapposti, hanno già dimostrato di sapere cooperare, trovando via via accordi rispettosi dei reciproci interessi e fungendo da “security providers”. È paradossale che Mosca e Ankara riescano dove Parigi e Roma hanno finora fallito…
Ciò che dovremo capire in fretta è che se la guerra di Libia si trasforma in conflitto globale, saranno altri a dire l’ultima parola, in particolare russi e turchi ma anche egiziani e arabi del Golfo. Prevenirlo sarebbe l’unica cosa da fare, con un’azione congiunta dell’Ue, che sappia tuttavia prendere in realistica considerazione almeno gli interessi della Turchia. Altrimenti avremo basi navali straniere sotto casa… E non avremo risolto nemmeno la questione migratoria perché se fuggono i libici, si spostano tutti qui in Italia: non hanno alternative. E non ci sarà nessuno che li potrà trattenere.
Che beffa per l’Italia! Ci voleva e ci vuole ben altro che trattenere dei poveracci in orridi centri di detenzione: ci voleva una politica seria sulla Libia. Speriamo che ci sia ancora tempo.
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