Il Covid-19 mette in crisi il nostro modello economico
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21 Marzo 2020
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Mario Giro su Ytali
l coronavirus mette in crisi la globalizzazione? Probabilmente la frena ma non la farà finire. Siamo ormai troppo interconnessi, prova ne è la produzione di sanitari e mascherine: l’Europa non ne produce abbastanza. La fabbrica del mondo è l’Asia. La stessa Consip nostrana fa gare vinte immediatamente per massimo ribasso dalle aziende asiatiche: per questo non si producono mascherine in Italia.
Quello che va in crisi è invece il modello economico che la sottende. I dati sono chiari: libertà assoluta di movimento per merci, servizi e denari (per le persone un po’ meno) a cui si aggiunge un’innovazione tecnologica galoppante (5G, AI, ecc.). Tutto questo (il mantra dei liberisti) non crea lavoro (anzi ne distrugge un bel po’) né garantisce sicurezza sanitaria o sociale. Nel tempo il welfare europeo è stato indebolito con la politica delle privatizzazioni generalizzate e con l’ideologia della privatizzazione.
È solo in tempi di crisi come l’attuale che si capisce quanto lo Stato, il pubblico valgano davvero. Per esempio: dal punto di vista della redditività è meglio avere pochi posti a terapia intensiva, perché costano. Mai un privato potrà assumersi l’onere di tenerne tanti vuoti per precauzione se arrivasse un’emergenza. È proprio quello che ci manca ora.
Inutile appellarsi alla “società delle start up”: questo mercato liberista distruggerà lavoro di qualità, aumentando quello estremamente specializzato e lasciando alla maggioranza solo attività dequalificate da poter sfruttare a piacimento, se non schiavizzare. Allo stesso tempo tale modello non produrrà sicurezza sanitaria e sociale perché troppo cara.
Da sempre i poveri si sentono assolutamente esclusi. Da parecchio il ceto medio-basso si sente quasi escluso. Ora è il turno del ceto medio e di quello agiato: tutti temono di essere la prossima vittima. La livella non è stare a casa ma non poter accedere alle cure necessarie. E questo oggi vale per tutti.
La realtà è quella di una crescente diseguaglianza creata dalla mancanza di reti di protezione sanitarie e sociali. L’unico a puntare il dito contro il vero avversario è il Papa. Francesco continua a dire che il meccanismo del mercato predatorio, basato sulla rendita finanziaria fuori controllo e sul cambio tecnologico senz’anima, è il nostro vero problema. Crea società ingiuste. Basta leggere Querida Amazonia. Se poi si aggiunge la corruzione e la mancanza di democrazia, allora il caos è dietro l’angolo.
Cosa accadrà se il coronavirus sbarcherà in Africa con forza? Ce lo dobbiamo chiedere subito. Invece di chiuderci a riccio sui nostri – gravi – problemi di oggi, dobbiamo fare subito lo sforzo di guardare alle conseguenza se la pandemia si espande. Il meccanismo predatorio del mercato ci porta a non aiutarci: in Italia giungono aerei cinesi e medici cubani ma nessun europeo, nemmeno un gesto simbolico. Se dovesse accadere che la pandemia si espanda dovunque nel mondo (speriamo di no), che sarà di noi? Che sarà di tutti?
Il grande errore dei liberisti di oggi – di destra o di sinistra – è quello di mettere ancora al centro il mercato e non la persona, i popoli reali. Questo va cambiato. Le sinistre europee, tutte più o meno acquisite allo spirito neoliberista, non l’hanno capito e vivacchiano ancora nell’illusione che il sistema si possa riparare da solo. Ma non ci riuscirà senza un robusto cambiamento che rimetta al centro l’umano.
Ha dunque buon gioco la destra estrema e populista ad offrire all’elettorato falsi bersagli: gli immigrati, i neri, gli islamici, l’Ue e via così. Ora Salvini dice che l’Europa ci ha costretto a chiudere ospedali: non è stata l’Ue ma piuttosto l’ideologia liberista che la Lega ha condiviso nei governi di destra in cui è stata. Le sue fake news fanno male ma non serviranno a granché: presto cadrà il velo dei falsi bersagli e sarà chiaro chi è il vero avversario. Il coronavirus almeno sarà servito a qualcosa.