«Le unità Covid nelle Rsa? Grave errore»
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9 Aprile 2020
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L’ex viceministro agli Esteri e leader nazionale di Democrazia solidale: «È stata una congiura del silenzio. Inaccettabile trasformare le case di riposo in fabbriche di morte per gli anziani» «Bisogna ripensare il sistema di cure domiciliari. Se dessimo alle famiglie un terzo dei fondi che il pubblico spende per Rsa e case di riposo, non ci sarebbero più anziani in istituto».
Il 37% dei morti nelle case per anziani dovuto a Sars-CoV-2. Giro: uno scandalo italiano
Nelle Rsa il 37,4% dei decessi tra i residenti, pari a 1.443 su 3.859 deceduti (dai primi di febbraio) ha interessato residenti con riscontro di infezione da Sars-CoV-2 o con manifestazioni simil-influenzali. Lo scrive l’Iss nel secondo rapporto sulle strutture Rsa che stanno rispondendo al questionario diffuso alle strutture. I dati si riferiscono a 576 Rsa su 577 che hanno finora risposto al questionario. L’indagine è partita lo scorso 24 marzo. I numeri dell’Istituto superiore di sanità confermano una situazione drammatica. Dal 20 febbraio al 31 marzo nelle 59 Rsa, residenze per anziani, presenti sul territorio di Milano ci sono stati 983 casi presunti o accertati di coronavirus, che corrispondono al 14% circa degli assistiti delle strutture, che sono in totale 7.238. I decessi avvenuti dal 20 febbraio al 31 marzo nelle 59 Rsa per patologie correlabili o comunque sospette di Covid sono stati 337, ovvero il 5% degli ospiti presenti all’interno delle strutture. I dati sulla situazione dei contagi o presunti tali nelle strutture per anziani di Milano sono stati riferiti dal direttore generale di Ats Milano, Walter Bergamaschi, in Commissione consiliare del Comune di Milano. Intanto, dal territorio arrivano ancora notizie di vittime dell’epidemia tra gli anziani delle case di cura, con relative inchieste aperte dalla magistratura. La Procura di Vercelli ha aperto un fascicolo contro ignoti per verificare la situazione legata ai decessi nella casa di riposo cittadina. Nella struttura di piazza Mazzini si è registrato un alto numero di morti, una quarantina, e altrettanti ospiti sono risultati positivi al coronavirus. Diverso lo scenario in Toscana, dove sono stati oltre 2mila i test sierologici effettuati finora nelle Rsa dei territori di competenza dell’Asl Toscana Centro. «Nella nostra azienda – spiega Renzo Berti, direttore del dipartimento di prevenzione della Asl – abbiamo somministrato il test a 904 operatori e 1.108 ospiti delle Rsa, rilevando 46 soggetti positivi al test tra gli opertori (5,1%) e 87 tra gli ospiti (7,9%). Per tutti i positivi si passa a somministrare il tampone».
Il vero «scandalo della pandemia».
Rsa e case di riposo nell’emergenza coronavirus «ci hanno fatto vedere il dramma dell’abbandono». Per questo «bisogna intervenire per evitare che al loro interno vengano creati reparti Covid» e, dall’altro, va abbandonata la mentalità che istituzionalizza la terza età, puntando invece su «domiciliazione delle cure e co– housing, che poi costano meno». L’ex viceministro agli Esteri e leader nazionale di Democrazia solidale, Mario Giro, auspica un cambiamento radicale del nostro sistema di assistenza degli anziani e della logica che li considera uno scarto.
Stanno emergendo situazioni preoccupanti nelle Rsa, sono partite le prime indagini per capire l’alto numero di ospiti morti per Covid. Quali errori sono stati fatti?
Come Demos abbiamo denunciato questa situazione ad inizio marzo, ma più che di errori parlerei di uno scandalo italiano ed europeo. Sono stati infatti lasciati soli gli anziani in Rsa e case di riposo, non sono state fornite mascherine per proteggersi agli operatori, è stato vietato ai parenti di visitarli come misura precauzionale, ma poi è stato permesso di entrarci dentro senza Dpi per lavorare. Da qui è nata una situazione tragica che ha portato nel silenzio a centinaia di anziani deceduti, probabilmente migliaia. Una vera congiura del silenzio. Questo ci induce a dire che è il sistema che non funziona. Ci sono stati anziani morti di stenti come in Puglia; in Lombardia molte morti sono state nascoste; nel Lazio si mescolano positivi e non. Inaccettabile. Poi c’è stata pure la richiesta di trasformare le case di riposo, diventate in queste settimane fabbriche di morte, in reparti Covid per avere altri soldi – mescolando così malati e non – questo è scandaloso.
Perché è sbagliata questa logica?
Non ci voleva tanto a capire che lasciare anziani sani accanto ad altri malati, o mettere altre persone positive nelle stesse realtà, condannava tutti al contagio. Le case di riposo gestite dai privati, dalle alte rette, adesso si lamentano e vogliono i tamponi, ma loro non hanno nemmeno pagato le mascherine ai propri dipendenti e ora se la prendono con le istituzioni. Ci sono anche case di riposo ben condotte, ma il dramma di questi giorni ci costringe a superare il sistema attuale. Come è stato possibile consentire ciò? Per questo parlo di scandalo italiano che ha condannato gli anziani a morte; certo – va detto – ci sono operatori che hanno coraggiosamente difeso gli anziani rimanendo dentro le Rsa e occupandosi con dedizione di loro, ma sono pochi casi.
Quale può essere l’alternativa?
Noi da tempo proponiamo la domici-liarità delle cure e il co–housing come risposta allo scandalo degli istituti per anziani che, tra l’altro, costano di più alla cittadinanza di quanto si spenda per curare le persone a casa. Non dimentichiamo quello che papa Francesco ci ricorda spesso: una società che dimentica i suoi anziani, o li lascia morire, è una società che non ha futuro. Ciò che sta accadendo negli istituti per anziani è frutto di un processo perverso, è la maledizione di questa società che ha raggiunto la benedizione di una vita lunga e poi la trasforma in maledizione, scartando queste persone. Bisogna intervenire, ripeto, per evitare che gli istituti diventino reparti Covid; dall’altro ripensare il sistema di cure domiciliari, magari anche gestite dal privato sociale, ma a dimensione familiare. Se dessimo alle famiglie un terzo dei fondi che il pubblico spende per Rsa e case di riposo, non ci sarebbero più anziani in istituto. L’istituzio-nalizzazione ha dato sempre pessima prova di sé e adesso si è trasformata in troppi casi in tragedia. Infine sono stati avviati troppo tardi i controlli con i tamponi.
Cosa si può fare invece quando inizierà la fase due dell’emergenza per le Rsa?
Se l’anziano è malato va in ospedale, come tutti, per avere le migliori cure, e non ci sia la scusa dei posti perché per gli altri i posti si sono sempre trovati. Va fatta una politica che vada verso la chiusura di questi istituti di cui si decantava l’eccellenza. L’unica eccellenza è un nuovo sistema di domiciliarità e co–housing generalizzato in tutte le regioni. Se ci sono pazienti acuti vanno indirizzati verso una situazione più umana, anche perché tutti possono essere curati a casa, ci sono tante esperienze da imitare. In Italia abbiamo circa 340mila anziani in 12mila istituti, in Francia ce ne sono 750mila in 10mila e anche lì sta avvenendo lo stesso fenomeno per il Covid. Il fatto di avere la metà delle persone in istituto rispetto alla Francia dimostra che è possibile tenere gli anziani a casa e in condizioni più dignitose. Dobbiamo assolutamente cambiare sistema di assistenza, siamo ancora in tempo.