Mario Giro: La pedagogia del dialogo come soluzione per far cessare le guerre


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13 Dicembre 2020


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Di Laurent De Bai - Agenzia Stampa Italia

(ASI) Mario Giro è stato viceministro degli affari esteri nei governi Renzi e Gentiloni. Nato a Roma 62 anni fa é uno dei massimi esperti italiani di geopolitica; insegna Storia delle relazioni internazionali all’Università per Stranieri di Perugia, dove cura anche il laboratorio “Perugia Globale. Incontri dell’Italia internazionale”.

Giro è da oltre 20 anni animatore della Comunità di Sant'Egidio.  Analista della geopolitica mondiale e soprattutto delle dinamiche africane. Come rappresentante delle istituzioni italiane e di Sant'Egidio ha visitato molti Paesi subsahariani, dalla Costa d'Avorio al Sudan al Burundi.
L'ex vice ministro degli Esteri, è anche esponente di Demos (democrazia solidale). Ha scritto diverse pubblicazioni, questi sono alcuni recenti titoli: Algeria in ostaggio. Tra esercito e fondamentalismo: storia di una pace difficile ( Guerini e Associati, 1997); Noi terroristi. Storie vere dal Nordafrica a Charlie Hebdo (goWare e Edizioni Angelo Guerini e Associati, 2017); Global Africa. La nuova realtà delle migrazioni: il volto di un continente in movimento (Guerini e Associati, 2019); Guerre nere. Guida ai conflitti nell'Africa contemporanea (Guerini e Associati, 2020)

Professor Mario Giro, lei torna a parlare dell'Africa nel suo ultimo saggio uscito il mese scorso dal titolo: Guerre nere. Guida ai conflitti nell'Africa contemporanea. Per lei Africa vuol dire continente dove le guerre si cronicizzano. Perché?
Per la verità non solo in Africa le guerre tendono a cronicizzarsi. Ma la particolarità dell’Africa è che ci sono le risorse locali diciamo, le ricchezze naturali-giacimenti – che aiutano ad allungare i conflitti. Il secondo elemento è che in fondo la guerra è diventato una specie di mestiere delle armi. Essendo privata ha permesso a molte persone che hanno le armi di vendere i propri servizi come provider di sicurezza, di ribelli, a volte di jihadisti. Una privatizzazione che diventa una professione.


Perché in Europa in generale ed in particolare in Italia sui media occidentali in genere vengono rappresentate come brutali e selvagge, dal sapore esclusivamente etnico e perciò stesso arcaiche?
Perchè è un modo semplicistico di interpretarle e divulgarle, i media hanno l’impressione che colpisco nomaggiormente ilettori o gli ascoltatori. Penso che i fatti vengono semplificati in modo approssimativo proprio perché non si dà il tempo di approfondire. In fondo il nostro mondo è l’epoca del « presentismo ». L’informazione non è tanta cultura, ma qualcosa di effimero, di passeggero.

Quali sono le ragioni di questa pigrizia mentale della società occidentale nei confronti delle nazioni lontane?
Direi che ognuno ha la propria pigrizia mentale, gli occidentali hanno questo, alla fine si stancano, una specie di « fatigue »: gli africani hanno la loro come ad esempio dare la colpa agli ex colonizzatori. Il complottismo ce l’hanno tutti.
In questo periodo di globalizzazione in cui l’informazione si è moltiplicata a dismisura ognuno può scegliere quella che vuole, non c’è piu una gerarchia delle fonti d’informazione; una vale l’altra: invece non è cosi. In realtà, la superficialità e la mediocrità restano tali, sempre.

Professor Mario Giro qual è il fil rouge che lega i jihadisti in Africa e il traffico di esseri umani verso la Libia?

Non c’è un filo rosso diretto. Il filorosso è tra l’instabilità tra e le milizie jihadiste algerine sconfitte al nord, piano piano si sono spostati al sud sono, sono andati  in Mauritania e al nord del  Mali. Una delle conseguenze è la guerra dell’Algeria degli anni 90, è stato  il primo detonatore. E poi un secondo molto piu brutale è la guerra  in Libia che ha portato altri uomini e altre armi.


Il premier etiope Abiy Ahmed Ali, primo Nobel nel 2019 ha annunciato pochi giorni fà che le forze governative etiopI hanno ripreso il controllo della capitale della regione del Tigrè. Alla base dello scontro tra i ribelli del Tigrè e il governo centrale di Addis Abeba vi sarebbe la decisione del premier Abiy Ahmed Ali di posticipare le elezioni presidenziali e legislative del 2021. Perché quando si parla di elezioni in Africa sembra la fine del mondo?

Si è vero , ad esempio il caso della Costa d’Avorio sembrava che doveva accadere la fine il mondo, perche c’è un modo di interpretare la democrazia elettorale come se fosse una guerra, ma non è stato così. Questo però, non è il problema più grave, in fondo se noi trasponiamo il contenzioso e il conflitto dal terreno militare al terreno politico regolato dal un quadro costituzionale va bene, perché l’importante è che non si combatta. Per quanto riguarda l’Etiopia, la crisi con il Tigrè non è ancora terminata e a mio avviso durerà ancora a differenza di come dicono ad Addis Abeba. In fondo è un’antica storia.
L’Etiopia ha sempre avuto il problema del conflitto tra lo Stato centrale e le autonomie regionali, tra il Negus e il Ras; è una storia che si ripete purtroppo e dovrebbe invece finire! Si era trovato una specie di accordo con la nuova costituzione dopo la fine del regime comunista di Menghistu Hailé Mariàm purtroppo questo non ha tenuto. L’Italia ha buoni rapporti evidentemente storici, anche se la colonizzazione riguarda l’Eritrea, perché gli italiani in Etiopia sono rimasti solo 5 anni.

Dal suo osservatorio, come esperto di geopolitica cosa propone per mettere fine a tutte queste guerre.  Ove gli attori implicati in queste guerre seguono una sorta di pedagogia dell’idiozia, intendo chi vende le armi e chi li usa per uccidere il suo popolo?

Naturalmente la vendita delle armi da fuoco come dice di il Papa Francesco, è veramente un commercio del male. Va detto che si può fare male anche senza armi,  il genocidio del Rwanda si è fatto con le machette. Voglio dire è la pedagogia dell’odio che va interrota, esiste e viene manipolata anche da noi, pensiamo all’idiozia sull’islam, sugli immigrati , sull’antisemitismo. Queste sono malattie generali come la pandemia. Pensiamo alla campagna degli inglesi durante la Brexit, fatta in odio agli europei continentali. Basta guardare i giornali dell’epoca. Penso al nazionalismo indu sempre intollerante e violento. Nel Myamar (Birmania) con Aung San Suu Kyi, fredda nei confronti dei Rohingya (minoranza mussulmana sunnita), anche lei che è un premio nobel. Quindi, non è solo Ali Ahmed che ha traditto.


Torniamo al caso della Costa d’Avorio, l’ex presidente Laurent Gbagbo è un suo amico ?
Sono amico di tutti, sono amico di Gbagbo, sono amico di Ouattara di tanti personaggi e ho sempre cercato di mediare fra di loro.

Dopo la crisi post elettorale dal 2011, Gbagbo viene spedito al tribunale internazionale penale di Cheveningen in Olanda in novembre 2011. Dopo otto anni, assolto per insufficienza di prove. Come si può spiegare tutto questo?
E’ facile, il tribunale penale internazionale dell’Aja è un tribunale, non è un tribunale politico. Non sono le idee che sono messe in discussione. Basta un fatto però bisogna avere la prova, la procuratrice Bensouda (n.d.r) e il tribunale non sono riusciti a provare che alcuni assassini sono stati direttamente ordinati dal presidente Gbagbo.Bisogna provare i fatti, basta uno che lui aveva dato l’ordine di questo atto preciso, cosi come tutti i tribunali, se ci sono insufficienza di prove, si libera l’imputato. Se vogliamo parlare dei ribelli, se dovessero essere giudicati dobbiamo ricordarci tutti che la giustizia è lenta ma arriva sempre quindi potrebbe ancora accadere la storia insegna.


La ratifica dello statuto di Roma, anche Statuto della Corte penale internazionale è stata firmata durante la presidenza di Laurent Gbagbo come mai?
Gbagbo viene da una cultura socialista molto liberale, molto liberal all’americano, quindi molto attento ai diritti umani, e dell’uomo. Quindi secondo me nessuno lo ha obbligato è nelle corde della sua formazione. Naturalmente questo gesto gli si è rivoltato contro provocando una crisi politica che poi lui ha brillantemente superato visto che non è stato condannato.

Per la firma dello Statuto di Roma l’ex presidente è stato consigliato dai suoi amici di Roma, le risulta?
No, di questo veramente non ne abbiamo mai parlato all’epoca di questa cosa dello Statuto di Roma.

L’UE ha trovato l’accordo sul recovery fund, cade il veto di Polonia e Ungheria, all’Italia spetteranno 209 miliardi di euro. Lei in Parlamento cosa avrebbe votato? 

Certamente si, anzi è una buona idea quella di mutualizzare il debitto, in questo momento di crisi  serve a questo l’Unione Europea, è un esempio per tutti.