P. Ciani su HuffPost: “Non arrendiamoci al declino di Roma”
Articolo scritto il
30 Ottobre 2020
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Paolo Ciani su HuffingtonPost
A pochi mesi dalle elezioni di Roma è importante aprire una riflessione e un dibattito sulla nostra città. La deriva di Roma appare evidente, ma credo non sia un destino ineluttabile e spetta a chiunque, secondo la sua responsabilità, cercare risposte e soluzioni.
La nostra città vive oggi una crisi profonda, aggravata indubbiamente dalla pandemia (basti pensare alle perdite di tutto il comparto turistico ricettivo, tanto forte in città). Ma vive anche una crisi che definirei “di senso” e di visione. Da anni è in crisi il rapporto tra cittadinanza e istituzioni: la realtà di una distanza reciproca e di una grande indifferenza è ormai diffusa in ogni angolo della città.
Questo scollamento appare come qualcosa di strutturale e non più episodico. Bisogna cominciare a dare risposte sugli interventi “normali” invocati dalla popolazione - trasporti, traffico, illuminazione, rifiuti, buche, verde pubblico –. Nella loro banale semplicità, sarebbe l’inizio per ricominciare ad annodare un filo rotto tra cittadini e istituzioni. Si potrebbe definire il “minimo sindacale” di un’amministrazione provare a risolvere i problemi della quotidianità dei suoi cittadini. Purtroppo non lo è.
Ad accrescere una situazione già difficile ci si è messa anche la recente crisi; i disagi quotidiani e normali pesano su cittadini talvolta fortemente provati: siamo tutti più indeboliti, persone, famiglie, reti sociali, attori economici. Nella crisi che da troppo tempo ci colpisce, i disagi quotidiani pesano di più e fanno più male. Poi quando l’amministrazione chiamata a svolgere interventi primari è quella di Roma, bisogna anche alzare un po’ l’asticella. Roma è una città incomparabile, un nome evocativo in tutto il mondo. E lo è a prescindere dai suoi abitanti e dalla sua amministrazione.
Roma ha incredibili ricchezze storiche, artistiche, umane. Tutto questo patrimonio va sicuramente valorizzato, ma bisogna farlo coinvolgendo sempre di più i romani. Evitando per esempio che il centro si svuoti ancora di più, diventando un grande museo senza vita o peggio un grande centro commerciale, regno di turismo mordi e fuggi e movida. O smettendo di parlare in maniera macchiettistica e vecchia di “periferia”: Roma per la sua estensione ha tante e diverse ‘periferie’ e continuare a parlarne come superficialità non aiuta a risolverne i problemi o a valorizzarne le risorse. Anche perché la città va conosciuta e bisogna ripartire dalla vita reale delle persone, non da stereotipi e semplificazioni.
Già nell’ottocento lo storico tedesco Theodor Mommsen diceva che non si può stare a Roma senza un’idea universale. Così oltre alla ordinaria amministrazione e al “minimo sindacale”, a Roma bisognerebbe avere un’idea di questa città: di come gestirne le dimensioni, le periferie, le criticità, la sua proiezione internazionale. Un’idea di Roma e non delle idee per Roma, come sembrano essere state alcune uscite di questi anni, ampiamente mediatizzate e poi rimesse nei cassetti. Di idee che attraggono audience se ne possono trovare tante e alcune se ne sono trovate. Di minimo sindacale e di un’idea di Roma non si è intravisto neanche l’inizio.
Roma è una città che soffre la povertà in tanti angoli, in cui è diminuita la coesione sociale e sono aumentate le disuguaglianze, presenta un alto numero di anziani, ha sacche di solitudine in molti quartieri. C’è un grande problema relativo alla casa: troppi senza casa e troppe case vuote. C’è fame di lavoro, troppi passano ore nel traffico, mancano luoghi di aggregazione e di ritrovo “sicuro”.
Roma è città che stenta a crescere economicamente, anzi tanti la abbandonano perché ritengono non essere luogo adatto a sviluppare la propria impresa, anche perché spesso è una città troppo lenta ad ammodernarsi. C’è la sfida di continuare a integrare e spiegare una città che ha già molto integrato. C’è da mostrare e valorizzare il bello e da investire nella cultura. Bisogna riscoprire una città piena di verde e fare nuove scelte ambientali. Invece tutto scorre in una sorta di ineluttabilità e rassegnazione: sembra che nulla si possa fare e un senso di frustrazione prende tanti.
Così chi può si organizza – e tante son le eccellenze che comunque riescono a tener alto il nome di Roma in vari campi -, tanti “combattono” e troppi rimangono indietro. Come disse Papa Francesco alcuni anni fa, il volto di una città è come un mosaico le cui tessere sono tutti coloro che vi abitano, in cui ciascuno è corresponsabile, nel bene e nel male. Dobbiamo dare un nuovo volto alla nostra città. E non basterà un po’ di maquillage. Bisogna reagire, per il bene di tutti, per il bene della città, del nostro paese e dell’umanità. Un sussulto personale e collettivo per ricominciare a pensare a Roma. Perché presto si realizzi una rinascita sociale, culturale e di prospettiva per la nostra città. E’ una grande sfida, che va affrontata insieme.
Tanti hanno buone idee e bei progetti per Roma: vanno raccolti e messi al servizio del bene comune, all’interno di un programma e di una visione. E’ con questi sentimenti, con umiltà e senso della misura (l’idea di governare questa città fa tremare le vene ai polsi!), con convinzione, determinazione e amore per la mia città e i suoi cittadini, che ho detto ok a chi mi ha chiesto di candidarmi alle primarie del centro sinistra.
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