Prato | Mugnaioni interviene su ODG Ius scholae
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19 Novembre 2024
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Il 7 novembre, in consiglio comunale si è discusso a lungo e con passione dello ius schoale. Questo odg della maggioranza pratese, che prende spunto da due proposte di legge nazionali della scorsa estate, di Ciani (vicepresidente alla Camera dello schieramento Pd-Italia democratica e progressista, segretario nazionale di Demos) e Bakkalì (Partito democratico), ancora non calendarizzate in Parlamento, è stato approvato a Prato con i voti della maggioranza, ma fortemente osteggiato dalla minoranza. Eleonora, di cui si parla nell’intervento successivo, era presente fra il pubblico. Qui a seguire, l’intervento di Sandra Mugnaioni, della lista civica “Bugetti- La forza del noi” e facente parte del direttivo nazionale Demos.
“Comincio questa mia riflessione sullo ius scholae con una storia, l’ultima che ho conosciuto. Eleonora, nome fittizio per una storia vera, ha oggi 18 anni e frequenta con grande profitto il quinto anno di una nostra scuola superiore pratese.E’ rappresentante degli studenti, avendola votata molti ragazzi italiani. Proviene da un paese cosiddetto sicuro, ma il padre, molto violento ed alcolista, da poco defunto, picchiava e vessava la madre e le tre figlie piccole da anni; la legislazione del paese non permetteva nessun tipo di denuncia e di difesa. Cinque anni fa, la madre è letteralmente scappata, portandosi dietro le tre figlie piccolissime di quindici, tredici e cinque anni . Per tre anni sono vissute dalla zia, ma non avendo la residenza, non hanno maturato anzianità per la cittadinanza. C’è voluto del tempo per avere una casa, stato di residenza e lavoro. Eleonora ha cominciato a contare gli anni per la cittadinanza tre anni fa. Gliene mancano ancora sette per fare domanda di cittadinanza italiana: sono poi previsti altri due-tre anni per gli adempimenti burocratici. Non si diplomerà, non si iscriverà all’università e non potrà concorrere a posti e borse da cittadina, non si laureerà da cittadina, non cercherà lavoro da cittadina.
Oggi il concetto di cittadinanza, connesso al concetto di partecipazione, è fortemente ripensato dagli studi sul tema: dal saggio di Robert Dahl dell’ ’89 sulla disconnessione fra cittadini comuni ed élite, all’interessante studio di Alselmi del 2019 sul populismo, al citatissimo, nel settore, saggio di Giovanni Moro, docente di Scienze politiche alla Sapienza di Roma,figlio di Aldo, del 2020, ma già alla 4a ristampa, che analizza il modello canonico di cittadinanza, ereditato dalla rivoluzione francese, valorizzandolo, ma studiando anche tutte le criticità e le trasformazioni attuali. Questo studio si conclude con una serie di interrogativi. Semplificando, ne cito qui solo uno: i diritti umani connessi alla cittadinanza possono essere validi solo per qualcuno, a certe condizioni e a certe latitudini, o oggi dobbiamo ripensare questo concetto? “Per essere più precisi, il fatto che le persone possano vivere assieme e cooperare in una comunità di eguali, protetti dalle loro prerogative e sostenuti nelle loro potenzialità, per realizzare i propri standard di vita sia nelle istituzioni (…), sia dagli altri membri che vivono e sentono nello stesso modo il complesso intreccio di legami che li unisce (…) possa essere modificato nel corso del tempo attraverso l’azione civica e politica anche conflittuale”, rimane comunque certo che tale legame “resta qualcosa di cui difficilmente si può fare a meno.” (Giovanni Moro, Cittadinanza, ed. Mondadori-Università, Milano 2020, p. 145)
In Italia a regolare l’ acquisizione della cittadinanza per i giovani stranieri è la legge 91 del 1992, che ammette solo lo ius sanguinis (un genitore in possesso di tale cittadinanza), mentre agli stranieri che giungono nel nostro Paese è consentito chiederla solo dopo dieci anni di residenza continuativa in Italia, e ai loro figli al compimento della maggiore età, ma entro l’anno successivo e previa dimostrazione di avere vissuto nel nostro Paese legalmente e ininterrottamente sin dalla nascita: l’iterburocrativo di solito necessita di altri due-tre anni di attesa.
Questo esclude molti minori, nati e cresciuti in Italia, o già in possesso di un diploma italiano, dai diritti e dai benefici connessi alla cittadinanza italiana, creando una situazione di incertezza e diseguaglianza. Considerando che la normativa italiana in materia di cittadinanza ai minori stranieri nati o cresciuti in Italia risulta essere una delle più restrittive a livello europeo, si è tentato più volte a livello nazionale di modificare la legge: nel corso della XVIII legislatura, nel 2012 il ministro alla cooperazione Riccardi, fondatore della comunità di sant’Egidio, aveva proposto lo ius culturae, come tema su cui discutere, progetto poi caduto per la caduta del governo Monti, ma all' epoca assai dibattuto; lo stesso tema fu proposto nel 2018 dall' on. Marazziti, pd in quota Demos, con una proposta di legge che comprendeva lo ius scholae e uno ius soli "temperato"(con uno dei due genitori con cittadinza italiana, da un certo numero di anni): anche questa proposta cadde per la caduta del governo, pur suscitando molti confronti.
Nel ’22 è stato presentato un testo unificato rispetto a leggi presentate in precedenza, da parte delle opposizioni, che prevedeva il concedimento della cittadinanza qualora il minore, nato in Italia, o che vi avesse fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno d’età, risiedendo legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese, avesse frequentato regolarmente per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Tale proposta è stata respinta.
Ad agosto/ settembre di quest’anno, prima Paolo Ciani, poi Bakkalì hanno presentato due proposte di legge sullo ius scholae, per ora non calendarizzate.
Eppure:
-nel 2023 le nuove cittadinanze risultano essere state 199.995, di queste poco più di un terzo riguardano minori e sono state ottenute per trasmissione da un genitore;
- gli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2022-2023, risultavano essere 914.860, con un aumento totale di 127.000 unità negli ultimi dieci anni, in media 12.700 all’anno. (fonte: https://www.ismu.org/Cittadinanza-italiana-si-riaccende-il-dibattito-sullo-ius-scholae/); ma più di un quarto degli studenti con background migratorio non conclude le superiori: quanto la mancanza di cittadinanza e di conseguenti certezze influisce su questi abbandoni? Come ha detto recentemente Marco Rossi Doria nel convegno "Disagio scolastico: dai dati alle buone pratiche", svoltosi in Senato, a cui ho partecipato: "Questi ragazzi non sono scomparsi: hanno nome e cognome e sono rintracciabili: da chiedere a loro perché hanno abbandonato la scuola. E da mettersi umilmente in ascolto”
-a Prato gli alunni stranieri sono sul totale il 38,53 % nella scuola dell’infanzia; il 34,57 % nella scuola primaria; il 37,72 % nella scuola secondaria di I grado; il 22,94 % nella secondaria di II grado (tale calo è dovuto agli abbandoni durante il triennio, quando le difficoltà di apprendimento si fanno più forti), di cui 8268 nati in Italia, corrispondente al 34.13% per la scuola dell’infanzia, il 29,25% per la scuola primaria, il 31% per la secondaria di primo grado e il 17,79 % per la scuola secondaria di secondo grado.
Da settimane una commissione nata nel consiglio comunale pratese ( consiglieri Faggi, Mangani, Tassi del Pd e io per la lista civica Ilaria Bugetti-La forza del noi: sono molto interessata al tema perché me ne occupo anche a livello nazionale), ha lavorando al testo di un odg, nel quale si affronta il problema della riforma della legge 92/91 in modo approndito, anche tenendo conto della denatalità crescente che si registra in Italia. Nell’impegnativa dell’odg approvato ieri, fortemente osteggiato dalla minoranza, si invitano la Sindaca e la Giunta ad attivarsi in tutte le sedi istituzionali al fine di sollecitare:
- il Parlamento, affinché vengano in tempi rapidi calendarizzate le proposte di legge presentate e finalizzate a rivedere la normativa per la concessione della cittadinanza italiana agli stranieri, con particolare riferimento ai minori nati o cresciuti in Italia da ottenersi mediante il cosiddetto ius scholae;
- il Governo affinché impegni le risorse finanziarie necessarie a garantire efficaci politiche volte all’inclusione scolastica effettiva e al sostegno dei percorsi educativi mirati per gli studenti con background migratorio.
Chissà se Eleonora, presente ieri fra il pubblico, con cui abbiamo iniziato questa riflessione, potrà presto, con il conseguimento del diploma superiore, essere finalmente cittadina italiana, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Sandra Mugnaioni