Roma Today | Barbara Funari: “Due anni da ‘assessora volontaria’ per rimettere in piedi le politiche sociali”
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23 Ottobre 2023
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L'assessora al sociale della giunta Gualtieri traccia un bilancio di quanto fatto. "Ora è il tempo di incidere con il nostro modello di servizi". E sulle voci di rimpasto: " Vivo una situazione di estrema serenità con la giunta e in particolare con il sindaco"
"Trasformare l'esperienza da volontaria in azioni politiche concrete. Questo è quello che mi piace". Barbara Funari, assessora alle politiche sociali e alla salute della giunta Gualtieri, lo ripete come un mantra. Ci crede ed è l'idea con cui negli ultimi due anni ha portato avanti l'assessorato, sin dalla prima delibera, quella sui senza dimora che, di fatto, ha cancellato l'impostazione dell'accoglienza legata al freddo e al caldo. Non solo luci però. Sì, perché Funari, ogni volta che sui quotidiani spunta la parola rimpasto, c'è sempre. Lei però non si scompone e con una certa dose di convinzione sulla bontà del proprio lavoro risponde alle nostre domande.
Barbara Funari, esponente di Sant'Egidio che diventa assessora. Dall'associazionismo alle stanze dei bottoni. Come si sta dall'altra parte? Quali le principali differenze?
Porto in Campidoglio la mia esperienza come volontaria, ma anche quella politica da assessora municipale nel 2014. Già allora avevo capito la differenza e il valore di poter prendere decisioni che incidono sulla vita dei più fragili, trasformando i suggerimenti dati in passato quando ero dall’altra parte, in provvedimenti concreti.
Suggerimenti che ha anche chiesto e ricevuto. Tanti sono i tavoli organizzati e portati avanti.
Assolutamente sì. Il valore del contributo di tutti è una cosa in cui credo fermamente. Chi sta sul campo, al fianco dei più fragili, ne tocca con mano i bisogni. Faccio un esempio. Da sempre si parla di emergenza freddo. Da volontaria il sentire comune era quello di abbandonare l’approccio dei centri per il freddo o per il caldo, tenendo sempre aperti e disponibili i posti per senza dimora. Non a caso quella è stata la prima delibera fatta, nata proprio ascoltando le associazioni. Arrivare ed applicarla è stata per me assolutamente un successo.
Qualcuno però da un'esponente di Sant’Egidio si aspettava di più, magari soluzioni anche più rapide. L’asticella, visto il suo profilo, è molto alta
La mia provenienza non significa credere di avere delle soluzioni, arrivare e metterle in pratica. Proprio perché ho una provenienza ben specifica, sento forte la responsabilità di non dare l’impressione di voler trasformare questo assessorato nell’avamposto di Sant’Egidio. Per questo è necessario sentire le idee di tutti, concertare e arrivare ad una sintesi.
Qual è stato il momento più bello di questi due anni?
Qualche settimana fa c’è stato uno sfratto in municipio XI, con famiglie con delle fragilità messe per strada. Veniamo chiamati a sera ormai fatta e io in prima persona mi sono precipitata lì, insieme alla sala operativa sociale. È stata una grande soddisfazione trovare in pochissimo tempo una soluzione abitativa in un nostro centro d’accoglienza per emergenze di questo. È un po’ l’esempio di quel che dicevo prima, ovvero trasformare l’operatività sul campo in soluzioni concrete. Ecco, questo è quello che più mi piace.
In diversi articoli di questi mesi lei è stata però descritta come un'assessora in bilico. Come prende queste voci?
Le voci le prendo come tali. Ho sempre lavorato con impegno e serietà, in una situazione di estrema serenità con la giunta e in particolare con il sindaco. Ho un buon rapporto con i consiglieri (soprattutto con chi segue temi sociali) ed in particolare con la commissione politiche sociali con cui ho un confronto continuo, a cominciare dalla presidente. Con il sindaco non si è mai parlato di un mio avvicendamento. Mi sono candidata con la coalizione che governa la città, con cui condivido l’impegno a renderla migliore. Da questo punto di vista sono tranquilla. Ho poi la consapevolezza che il mio è un assessorato poco appariscente, di cui è difficile far percepire la complessità dei risultati raggiunti. C’è un impegno concreto che non sempre finisce sui giornali.
Il suo assessorato è particolarmente sotto pressione per il carovita, l'aumento della povertà e da ultimo il taglio al reddito di cittadinanza. Come state affrontando queste ulteriori emergenze?
A Roma è un dato di fatto che sta aumentando la fame. Incontriamo sempre più famiglie che, dopo il taglio del reddito di cittadinanza, hanno difficoltà a fare la spesa. I nostri servizi vedono un aumento delle richieste. Gli effetti del reddito di cittadinanza tagliato li vedremo tra sei mesi. Nel frattempo ci stiamo muovendo per dare piena operatività ai nuovi strumenti pensati e voluti dal governo, anche se non nutro una grande fiducia in quello per l’inserimento al lavoro. Come assessorato stiamo cercando di reperire tutti i fondi possibili da destinare a questa emergenza. La scorsa estate abbiamo distribuito i fondi per i buoni spesa avanzati dalla precedente amministrazione alle varie associazioni. Oltre a un tema di fondi c’è però un problema burocratico.
Ovvero?
Spesso le procedure di erogazione sono complesse, lente, troppo lente. Ecco, torno qui al discorso di prima. L’esperienza nel mondo del volontariato ci spinge nei tavoli con il governo a portare questa complessità, avanzando delle soluzioni per velocizzare la distribuzione di risorse che per tante famiglie sono fondamentali.
Altra emergenza è quella migranti. È un tema nazionale, lo sappiamo, ma con ricadute locali. A Roma c'è una costante da 10 anni, ovvero l'assenza di una struttura per transitanti. Le associazioni la chiedono, il comune promette, ma poi... A che punto siamo? L’ipotesi Ferrohotel mi pare ormai decaduta definitivamente…
Ferrohotel è nella proprietà di Ferrovie che l’ha destinato a progetti di accoglienza per il Giubileo. Il Comune non può fare una struttura per transitanti. Dirlo significa poi scontrarsi con una norma che non lo consente perché è un ambito di pertinenza nazionale…
Mi perdoni, ma in passato era stata annunciata e promessa da altre amministrazioni…
Certo e quando dico che la norma non lo consente, non nego la necessità di un’accoglienza di quel tipo. In questi anni, delle soluzioni messe in campo – penso ad esempio alla tensostruttura di Termini – hanno dato una risposta anche a chi passava per Roma. Ci sono stati risultati importanti anche per la successiva presa in carico. Quello che proveremo a fare di più sono servizi di bassa soglia di questo tipo, dove si possa accogliere senza chiedere i documenti. Sono stata ad esempio dove Baobab distribuisce i pasti. E anche lì stiamo ragionando con il municipio se dare una copertura a quel presidio, trasformandola in una situazione di primo incontro più dignitosa. Su questo ci lavoreremo anche in vista del Giubileo. A tal proposito spero che il nostro progetto venga finanziato.
Di che si tratta?
Ho proposto che nell’anno santo ci siano quattro tensostrutture per accogliere i senza dimora, aumentando la presenza delle unità di strade. Avremo un grande afflusso di pellegrini, avremo tanti cantieri che comporteranno lo spostamento di tante persone che stazionano per strada. Ecco, come è successo a Termini, dare una brandina, una tensostruttura, iniziare a colloquiare e portare nel circuito dell’accoglienza, il tutto h24, senza ributtare mai per strada le persone che incontriamo e accogliamo.
I transitanti, senza struttura, diventano tra gli abitanti dei micro accampamenti che sempre più troviamo nei quartieri, specie quelli nei pressi della stazione Termini. Con loro anche tanti migranti che preferiscono la strada ai centri di accoglienza. Come state affrontando quest’emergenza che preoccupa molti residenti?
Da parte di molti residenti c’è un tema di percezione sbagliata del fenomeno. Negli ultimi giorni abbiamo presentato i dati della notte della solidarietà in cui abbiamo censito queste situazioni, insieme anche ai residenti. Abbiamo trovato 168 persone che dormivano in strada, un numero ben lontano dai 1000 2000 che sento ogni volta citare nelle assemblee dei residenti.
Come si scardina questo meccanismo?
C’è sicuramente un tema di sicurezza. Viale Pretoriano se non viene presidiata e illuminata vedrà sempre riformarsi accampamenti. Già così cambierebbe la percezione- C’è un tema poi di alternative. Non è un caso che quando avevamo la tensostruttura a Termini eravamo riusciti ad intercettare una decina di chi si accampava lì che al micro accampamento, preferiva una tenda vera dove dormire.
Sui campi rom avete presentato un piano. Obiettivi importanti, ma tempi dilatati. Si ha la sensazione che abbiate fatto il piano, vi siate tolti un dente.
Non ci siamo tolti un dente. Il piano è stato frutto di un lungo tavolo, di una lunga concertazione in cui io credo molto. Il tema dei campi rom non è solo un tema sociale, ma di sicurezza, di gestione ambientale. Nel piano sono finalmente coinvolti tutti e dobbiamo lavorare con una cabina di regia per l’effettiva chiusura dei campi.
Però la sensazione è dire"ci vediamo nel 2027".
Il 2027 è una data ultima, ma al suo interno c’è un cronoprogramma preciso. In questo momento siamo alla chiusura degli avvisi pubblici di co-progettazione. Abbiamo tagliato il nastro del campo di Monte Mario che sarà il primo a dover chiudere. Abbiamo svolto il primo tavolo, relativo alla regolamentazione documentale. È in programma un tavolo con le politiche abitative, perché dobbiamo aiutare chi vive nei campi a capire che possono entrare nel circuito di case popolari. Spesso c’è un tema di non saper fare le domande o non capire come aggiornare le domande presentate e quindi i relativi punteggi.
Monte Mario quando chiude?
Nel giro di un anno.
E relativamente al progetto del VI municipio, quello messo in piedi con l’associazione 21 luglio?
Il Campo di via Salone rientra nel nostro piano. Conosco il testo del VI municipio e della 21 Luglio: ho partecipato alla presentazione. Se l’associazione parteciperà al tavolo di co- progettazione la ritengo la soluzione più trasparente. Aggiungo che io ho anche chiesto al VI municipio se voleva andare da solo relativamente a questo piano, con un’autonomia di competenze e mi è sempre stato detto che era meglio lasciare in carico al Campidoglio.
Nuovi poveri, migranti, transitanti, senza dimora, accampati, Rom. A Roma c'è un'emergenza sociale / umanitaria?
Direi di sì, ma solo per quanto riguarda i minori accolti Non riusciamo ad accogliere nel circuito delle case per minori. Questa cosa ci costringe a lasciare i ragazzi nei commissariati Per gli ucraini abbiamo aperto alberghi. Quando c’è un’emergenza umanitaria questa cosa andrebbe fatta sempre, dovrebbe diventare un modello.
Avete chiesto soldi
Abbiamo dato disponibilità a concertare servizi e abbiamo chiesto soldi qualora si andasse in deroga. Il Comune non può fare una tenda per minori senza l’autorizzazione del governo centrale. Tenere però tre, quattro giorni, i minori all’interno di un commissariato non è una cosa umanamente accettabile.
Si può arrivare ad un’ordinanza del sindaco?
Dovrebbe essere l’estrema ratio, il piano zeta. Spero non ci si arrivi
Qual è stato il momento più difficile di questi due anni e perché?
È stata la gestione per l’emergenza dell’arrivo degli ucraini. Più difficile, ma anche il più bello per quello che siamo riusciti ad arrivare. Non avevamo posti letto. Abbiamo attivato i posti letto in albergo, anticipando il livello nazionale. Quando andavamo all’arrivo dei pullman era oggettivamente difficile. In quella situazione vedevamo la guerra in casa. Mi piacerebbe che quel modello fosse utilizzato
Che voto darebbe al suo operato?
Di solito i voti uno non se li da. Se proprio devo, mi darei un sei e a Roma la sufficienza è un grande risultato. Aver messo in fila queste cose per me, nella mia precedente vita, rappresenta il minimo che bisogna fare. Spero che d’ora in poi si possa incidere, lanciando un nuovo modello di servizi sociali.
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