Università…per soffrire o per crescere


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29 Maggio 2023


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Approfondimenti


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APPROFONDIMENTI, DEMOS, UNIVERSITA'

Una riflessione di Grazia Baroni sui valori e sulle competenze che la scuola superiore e l’università dovrebbero trasmettere a chi le frequentano.

L'abbandono scolastico fra liberismo e indifferenza

Da anni ormai assistiamo all’allarmante tasso di abbandono scolastico e ad un aumento dei suicidi
giovanili
a causa di un rendimento ritenuto insufficiente e determinato da criteri di valutazione che non
tengono conto delle esigenze dei giovani, che sono massificati come categoria sociale.

Queste valutazioni, infatti, non rilevano mai né le caratteristiche individuali, né la creatività o le curiosità degli studenti e neppure l’intelligenza; non servono né a un possibile orientamento, né a sostenere continuità e non possono indirizzare a uno sviluppo futuro.


Questa indifferenza per il delicato momento di crescita in cui i giovani si trovano nel periodo scolastico,
è diventata evidente dopo i due anni di chiusura, dovuti alla pandemia, che li ha resi più fragili,
facendoli sentire ancora più indifesi rispetto a una società di adulti che non li riconosce e non li
considera. In Italia questa situazione è particolarmente grave perché la riforma scolastica attuata dalla
fine degli anni Novanta, ha sostituito alla nostra istituzione basata sulla cultura umanistica e, in quanto
tale complessiva, una cultura pragmatica e liberista.

“[…] serve costruire un sistema accademico ed universitario in grado di insegnarci che non siamo
numeri ma persone
.” [1] Dice la lettera aperta scritta dagli amici della studentessa dell’Università IULM
di Milano, suicidatasi meno di tre mesi fa, ma è il pensiero di tutti: commenti analoghi accompagnano le
morti dei circa 200 suicidi all’anno di giovani sotto i 24 anni.


Quando si è adottato questo modello per riformare la scuola, spacciandolo come innovativo, si sono
abbandonate la centralità dell’essere umano, la ricerca come atteggiamento in sé e la costruzione della
qualità della vita in favore della cultura del profitto, del successo individuale e della produzione, non per
un benessere diffuso, ma per l’arricchimento di pochi.

Il lavoro come espressione della potenzialità creativa

Gli uomini, in questo modo, diventano dei prodotti finalizzati all’industria in un sistema che li sfrutta come macchine. Il pragmatismo è funzionale al soddisfacimento dei bisogni concreti e immediati, quindi
all’industrializzazione e alla produzione, ma è marginale rispetto alla ricerca del senso e della qualità
della vita personale e comune.

Quindi la scuola attuale che previlegia l’apprendimento di competenze funzionali alla domanda del mondo produttivo, che non risponde perciò alle esigenze di crescita della conoscenza di sé e del mondo, non risponde più alle domande sul senso della vita, tipiche del momento di crescita dei giovani, e li sottopone solo a misurazioni di merito e sulla quantità di competenze acquisite.

Questo modello è funzionale a questa globalizzazione che è stata pensata per squalificare il lavoro, meccanizzandolo e rendendolo eseguibile esclusivamente dalle macchine. In questo modello l’essere umano è un elemento indesiderabile: protesta, mangia e può anche scioperare.

La dimensione del lavoro come espressione della potenzialità creativa dell’essere umano non è considerata.

La cultura, un linguaggio comune per riflettere


La nostra cultura classica viene da quella greca, che ha caratterizzato la civiltà occidentale e si
distingue perché è fondata sull’essere umano e su un atto positivo di creazione dell’ “essere”. – Ciò che
è, è e non può non essere (Parmenide)-.
Nella Grecia antica la scuola è nata per creare un linguaggio comune come strumento di condivisione
delle conoscenze acquisite da un essere umano che si scopre curioso e che inizia a sviluppare tutte le
discipline.

Il linguaggio comune era indispensabile anche per imparare a esercitare la capacità di riflessione sul valore dell’umanità e sulla capacità di dare valore alla convivenza umana nella pace, pace che si poteva ottenere solo attraverso la democrazia.

Per poter creare la democrazia era necessaria una scuola, un metodo di apprendimento condiviso, come luogo di scambio delle conoscenze. Era necessario creare un linguaggio per ridurre le conflittualità.
Sul nostro territorio si è impressa questa orma di umanesimo, fin dall’origine, dagli Etruschi, dalla civiltà
romana, che vede nella qualità della vita l’elemento che distingue dalla barbarie, per cui organizza il
territorio con ponti e strade e la distribuzione dell’acqua a tutta la popolazione delle città. Infatti, Roma
istituì la Repubblica, che necessitava di una conoscenza partecipata del cittadino e quindi di una scuola che ne facesse condividere i valori.

Con Carlo Magno si istituì una scuola pubblica europea obbligatoria che producesse civiltà, per uniformare le diverse culture del suo Impero, per uscire dalla barbarie, per essere liberi e poter prendere decisioni, senza dover dipendere da chi sa leggere e scrivere.

Questo è il processo da cui hanno origine la nostra società civile e il nostro sistema scolastico; il territorio che abitiamo è caratteristico, riconoscibile e apprezzato come attraente e desiderabile proprio per questo
accumulo di vita vissuta.
La nostra cultura si fonda su questa centralità dell’essere umano come valore e la nostra tradizione
scolastica si è sviluppata sul metodo socratico della maieutica che si struttura e si evolve nella
pedagogia.
Questa pedagogia riconosce la singolarità di ogni essere umano e ha come compito quello di far
emergere la singolarità di ciascuno
, utilizzando la metodologia della domanda per innescare il pensiero
critico e l’atteggiamento creativo: chi sei? Dove sei? Dove vuoi andare?

La scuola pragmatico liberista e l'estraneazione dei giovani

La scuola attuale su modello pragmatico liberista traduce il momento di riflessione e di ricerca della
propria originalità e la curiosità sul senso della vita in competizione e in una acquisizione di conoscenze
che sono soltanto un accumulo di dati senza finalità e senza prospettiva, perché propongono il modello
della ripetitività. In questo modo si rendono i giovani estranei alla propria esperienza, distraendoli dal
poter formulare la domanda sul senso della vita; questo è molto grave per la loro crescita, soprattutto
per gli italiani che vengono resi estranei anche alla propria storia e al loro territorio in cui non riescono
più a riconoscersi.

Oltretutto il disagio dei giovani è vissuto con fastidio, non sono riconosciuti come la generazione futura: quando esprimono il loro disagio, li si accusa di non aver più spirito di sacrificio.
Una persona ragionevole dà tutta sé stessa per rispondere a un desiderio, a qualcosa che renda
migliore lei, la realtà che abita e l’umanità che con essa condivide. Non esiste un essere ragionevole
che sacrifichi sé stesso per uno scopo che non riconosce come proprio.

Riprendersi il territorio e diffondere il valore della nostra cultura

Anche il territorio che è il risultato per sedimentazione di questo processo storico viene trasformato dal
liberismo in un oggetto da consumare, non più da vivere, abitare e gustare. Lo testimonia la
deturpazione della città di Venezia, che non è più vivibile, che non è più città.
Sovrapporre il modello pragmatico liberista a una millenaria cultura umanistica dimostra solo ignoranza
rispetto alla storia da cui proveniamo
e superficialità nel sottovalutare le conseguenze disastrose che si
verificano nell’abbandono scolastico, nei suicidi, nel malessere, nell’autolesionismo, nell’apatia che i
giovani sempre più mostrano.
Per diffondere e difendere la cultura mediterranea e in particolare quella italiana, anziché proporre la
creazione di un liceo del “made in Italy” si dovrebbe invece pensare a sostenere il liceo classico che è
quello che qualifica la cultura europea e di cui le nuove generazioni avranno molto bisogno in quanto
sviluppa la creatività come tipica potenzialità dei giovani.
[1] Contenuto preso da https://www.soloformazione.it/news/studentessa-suicida-lettera-compagne

-Grazia Baroni-

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